La piazza sino al XIII-XIV secolo era pressoché vergine, e vi si trovavano alcune abitazioni periferiche del nucleo romano di Sulmo. Durante il Medioevo, Sulmona venne elevata a capoluogo del Giustizierato d'Abruzzo (1233), per il volere di Federico II di Svevia, e iniziò a subire l'afflusso di vari abitanti della vallata, e di mercanti di varie terre, divenendo ben presto il polo culturale, economico e sociale della nuova macroregione nel Regno di Napoli.
Alcuni studiosi vogliono che prima della costruzione del nuovo acquedotto medievale, da parte del re Manfredi di Svevia (1256), esistessero già le rovine di un precedente acquedotto romano, che captava le acque del fiume Gizio. Fatto sta che il nuovo monumentale acquedotto venne ricostruito, divenendo l'acquedotto meglio conservato, oggi, dell'Abruzzo, nel frattempo intorno all'attuale piazza si svolgeva il mercato settimanale, e vi sorsero i principali monasteri della città, il monastero di San Salvatore (oggi chiesa della Madonna del Carmine), la grancia di Santa Lucia, gestita dai padri Celestini della Badia Morronese (Porta Napoli), il monastero di San Francesco della Scarpa, il cui fianco si affacciava sulla piazza, con un grande portale tardo romanico, detto "Rotonda", mentre la facciata volgeva su via Panfilo Mazara.
Insomma, si erano creati tre piccoli nuclei che nel 1302 erano perfettamente definiti, recintati in una seconda cerchia muraria, vale a dire il borgo San Salvatore o Sant'Agata, il borgo di Santa Maria della Tomba, dal nome della chiesa, e il borgo Pacentrano o di Porta Orientale, che ad est si univa con il Sestiere di Porta Manaresca.
La piazza era anche il fulcro economico e sociale, vi si svolgeva la tradizionale processione del Cristo risorgo il giorno di Pasqua (anche se la tradizione come oggi la si vede prese definitivo aspetto nel XVIII secolo), le sedute pubbliche presso il Sedile (attuale chiesetta di San Rocco), e l'evento tradizionale della Giostra cavalleresca.
Con il terremoto del 1706 Sulmona fu in gran parte distrutta, la ricostruzione interessò gran parte della piazza, tuttavia non andò perso il caratteristico aspetto ad ellisse, di originale rimasero la chiesetta di San Rocco, la "rotonda" di San Francesco della Scarpa, benché la torre campanaria risultò mutilata, la chiesa di San Filippo Neri, che alla fine dell'800 si dotò del portale gotico, smontato, proveniente dalla distrutta chiesa di Sant'Agostino sul corso Ovidio. In fotografie e filmati d'epoca è possibile vedere come le superfetazioni barocche, soprattutto le abitazioni popolari, avessero occupato in gran parte l'area dell'acquedotto manfrino, dato che non serviva più a captare l'acqua dal 1706. L'acquedotto era oscurato parendo dalla gradinata che scende dalla Rotonda di San Francesco sulla piazza, sino all'altezza del sagrato della chiesa di Santa Chiara, dove riapparivano solo tre arcate, e per questo a volte questo piccolo spiazzo era indicato come "Piazza Tre Archi".
L'acquedotto verrà riportato allo splendore originario solo dopo la guerra, demolendo le case che vi insistevano sopra. Nel 1880 la pizza verrà intitolata, per volere della giunta comunale, all'eroe Giuseppe Garibaldi.